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Sinistre. Bersani scalda le menti. Ma per vincere non basterà

E va bene, è andata. Voglio dire: è andata bene. Molto. Nonostante il freddo pungente. Nonostante le feste imminenti, che obbligano la nostra società dei consumi a rinchiuderci in un centro commerciale per acquistare compulsivamente oggetti dei quali pottremmo fare benissimo a meno, ieri Roma è stata letetralmente invasa da cittadini provenienti da tutta Italia, che hanno risposto all'appello del Partito Democratico.
Per dire basta ai regimi dei pupazzielli. Per gridare forte che un altro mondo è possibile. Basta volerlo ed avere il coraggio di sognarlo.

Pierluigi Bersani, dal palco, ha lanciato la sfida. Il PD è pronto. I motori hanno cominciato ad esser riscaldati. Si vuole andare verso altre elezioni. Altri governi. Altri futuri. Perchè occorre davvero voltare pagina.
Io non sono andato a Roma. Ma ho potuto seguire il discorso di Bersani in diretta tv. Anzi. Grazie a Sky ho potuto rivederne alcuni passaggi per conto mio, e poi ancora insieme ad un amico, per parlarne e valutarne gli effetti e gli esiti.

Il discorso del segretario PD è stato abbastanza alto negli obiettivi. Ha parlato delle grandi idealità da rendere concrete, non si è occupato di alleanze e di politica spicciola. Era giusto così. Ma, proprio per questo, proprio dopo averlo sentito parlare dal palco ieri, io mi auguro che non sia lui il prossimo candidato premier dei sinistri.

Voglio esser chiaro fin da subito. Le cose che ha detto le ho condivise tutte. D'altra parte, mantenendosi così alti, sarebbe stato difficile non suscitare adesioni nel popolo sinistro. Dunque il problema non sta nelle cose dette, anche se poi andranno calate in comportamenti e scelte coerenti coi principi. Il problema sta tutto nel modo.

Pierluigi Bersani è una bravissima persona. E' un grande e qualificato esperto di lavoro e di economia. Meriterebbe, come già ha fatto in passato, di occupare posti di grande responsabilità nel paese ed in un governo sano. Ma, per favore, non mandatelo su un palcoscenico ad arringare le folle. Non è il suo ruolo. Non è la sua missione.

Non conosce l'arte delle pause. Non conosce l'arte della modulazione tonale dei discorsi. Non conosce gli sguardi ampi, ad allargarsi a tutto il popolo che lo sta ascoltando. Non conosce la capacità di togliersi gli occhialini, smettere di leggere anche solo un minutino, e fare una parentesi a braccio, così, come parlasse davanti a quattro amici.

Io non so chi sia la persona che gli scrive i discorsi. Ma non mi vergogno di dire chiaramente che, così, non si fa. Perchè le stesse cose che sono state dette ieri da Bersani. Gli stessi concetti. Le stesse idee. Potevano essere dette in mille altri modi diversi. Tutti più affascinanti. Più semplici. Più chiari anche e sopratutto per quelli che il PD non l'hanno votato, ma che magari potrebbero, chissà, proprio sulla base di quello che è possibile sentire dal suo segretario.

Parlare davanti a centinaia di migliaia di persone non è la stessa cosa che parlare davanti ad una platea di delegati di partito. Oppure davanti a colleghi d'università. Quando parli su un palco a Piazza San Giovanni devi anche prevedere la capacità di scaldarlo il tuo popolo. Devi anche trovare il modo di accenderlo. Devi spingerlo ad urlare il suo orgoglio, ad agitare le bandiere, a scrosciare l'applauso convinto.

Ebbene. Quelle pochissime volte che il Bersani si è avvicinato ad una tale situazione, non è neppure stato capace di dar modo all'applauso di erompere. Di allargarsi, di diffondersi. Ha ripreso a parlare con lo stesso tono monocorde. Gli stessi occhialini. Lo stesso sguardo fisso. Diventando così lui stesso il soffocatore dell'applauso e dell'entusiamo.

Allora, caro PD. O vi trovate un maestro di cerimonie, capace di fare un corso accelerato sugli strumenti migliori per veicolare messaggi importanti e condivisibili, oppure mettetevi buoni buoni da un lato. E fate largo a persone e candidati che, oltre alla bontà dei messaggi, sanno magari anche unire la forza trascinante di un ideale. Sanno scaldare il cuore oltre che la mente.

Perchè, dopo questo ventennale inverno gelato di destra, abbiamo proprio bisogno di rifiorire. Al caldo di una nuova speranza. Al tepore di un nuovo futuro. Che può essere possibile in tutto il paese. Non solo in Puglia.

[Ave - foto di Piero Ammanniti]

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