Passa ai contenuti principali

Americhe. La ricerca della felicità

[da Repubblica, la foto più significativa che ho trovato della strana giornata yankee]
E così, finalmente, l'hanno beccato. La primula rossa dell'estremismo musulmano. Quel Bin Laden che è responsabile del peggior attacco terroristico della storia dell'umanità. Abbiamo vissuto una giornata un po' strana, ieri. Tutti gli organi d'informazione a parlare solo ed esclusivamente di questo evento. Che, però, ha avuto la caratteristica di avvenire molto lontano. Lontano sopratutto dall'occhio indiscreto della tv e dei giornalisti embedded. E così le immagini che ci hanno riempito sono altre. Sono state sopratutto quelle di un popolo in festa. Perchè un uomo, un solo uomo, è morto.
Devo dirlo. All'inizio ho partecipato anch'io, in modo molto istintivo, a quella festa. Ho compreso e tollerato. Ma, andando avanti, ho cominciato a sentire un certo non so che. E più continuavano a passare le immagini della festa americana, più è aumentato in me l'imbarazzo. Che alla fine, forse, s'è persino trasformato un po' in fastidio.

Perchè anche io ho trovato, alla fine, un po' esagerato quello scoppio di gioia per una morte. Come ha diffuso una nota vaticana. Gioia alla quale hanno partecipato, in modo particolare, i giovani. Quelli che, 10 anni fa, all'epoca del massacro delle torri gemelle, erano proprio piccoli. Io li ho visti in tv avvolti nella bandiera nazionale. Arrampicarsi sugli alberi e sorridere e gridare a squarciagola. Li ho visti esultare proprio come facciamo noialtri quando l'Italia, ai mondiali, vince la finale. Strombazzate per strada e bandiere dai finestrini.

Per questo vi ho proposto la foto di Repubblica che vedete. Perchè a me pare che sia la migliore per descrivere le sensazioni che questa reazione mi sta dando. In quella foto ci sono alcuni dei simboli più profondi e fondanti del dna americano. Di quelli che stanno talmente in profondità, insomma, che rimangono intangibili ed immodificabili per chiunque. E che, quando occorre, contribuiscono a cementare la memoria del senso collettivo di un popolo.

Innanzitutto ci sono i tre cappelli. Quello da cowboy, che richiama il mito del lone wolf. L'uomo che, contando esclusivamente sulle proprie forze, va verso ovest a ritagliarsi un pezzo di terra. E che poi quella terra s'impegnerà a lavorarla e difenderla per tutta la vita. Sparando quando sarà il caso.

Poi c'è il cappello da guerra civile, che richiama il mito della libertà e della democrazia targata yankee. Sconfitti gli schiavisti sudisti, quello che rimane è il punto d'inizio di una egemonia mondiale che continua ancora oggi. Tra alti e bassi, certo, ma immutabile ed insostituibile nella sostanza. Un modello di libertà e di democrazia che è il lasciapassare col quale gli yankee se ne vanno in giro per il mondo ad imporre il diritto del più forte.

Infine c'è il cappello da baseball, lo sport nazionale per eccellenza. Che richiama il mito della competizione assoluta e senza appello. O tu od io. Uno vince uno perde. Si gioca e si partecipa solo per vincere, perchè chi perde non vale niente. Chi vince si prende tutto, fino all'ultimo.

Nella foto, poi, ci son anche le bandiere. Colori immancabili nell'immaginario americano, unitamente all'inno nazionale. Ch'è cantato appassionatamente e con sguardo commosso anche nelle manifestazioni meno importanti, quelle che coinvolgono porzioni limitate di paese. Infine c'è anche il giornale, l'ultimo a sinistra in particolare, che in prima pagina riporta la parola vengeance, ossia vendetta.

Ecco. Io in questa foto ci ho proprio visto gli Stati Uniti. Con tutti i suoi difetti. Che poi corrispondono, se presi nella giusta dose, proprio ed esattamente ai suoi pregi. Un grande paese. Il più grande di tutti, in senso molto ampio. Ma che a volte, nella sua storia, s'è comportato molto molto male. Come l'ultimo dei reietti. Ma che poi ha anche trovato il modo di farsi perdonare. Guadagnandoci pure qualcosa, va da sè, perchè non si fa mai niente per niente. Ovvio.

Ed è proprio nel vedere questa foto. E dopo aver visto scorrere davanti gli occhi i festeggiamenti incontrollati del popolo americano per tutto il giorno. Che mi pare di poter comprendere, finalmente, cosa ha significato l'attentato delle torri gemelle di 10 anni fa. Proprio oggi. E solo oggi. Finalmente mi pare di poter cogliere quanto in profondità Bin Laden sia stato capace di colpire questo popolo. Il suo immaginario. Il suo orgoglio. Persino il suo futuro.

E forse, dunque, tutta questa gioia che invade le tv del mondo, per una morte, è qualcosa che va molto molto al di là dell'eliminazione di un terrorista dalla faccia della terra. Forse è la fine di un lungo, paradossale incubo. Forse è la rimozione definitiva di qualcosa che, nel popolo americano, ha offuscato lo sguardo verso il futuro per dieci, lunghissimi, anni. Ha impedito ogni movimento. Ha chiuso tutte le porte.

Il terrorismo, purtroppo, non finirà con la fine dell'avventura terrena di Osama Bin Laden, quest'è certo. Ma forse gli yankee, da oggi, ricominceranno a correre verso il futuro. Si riapproprieranno di tutti i loro miti. Di tutti i loro simboli più sacri. E ricominceranno a credere che, da soli come sempre, saranno capaci di trascinare l'umanità verso una nuova epoca. E lo ricominceranno a fare coi soliti pregi e difetti che la storia ci ha abituato a riconoscere in questo popolo.

Non solo gli USA. Anche il mondo intero non tornerà mai più ad essere quello che era l'11 settembre 2011. Un minuto prima degli attentati più famosi della storia del pianeta. Ora è tutto diverso. E siamo tutti diversi. Proprio perchè quell'11 settembre maledetto c'è stato, e non potremo ripassarci una seconda volta.

Ma, seppure non potremo tornare indietro, potremo ricominciare ad andare avanti. E magari sarà possibile farlo con un'America un po' più matura. Un grande paese che magari saprà assimilare il succo vero di tutta questa storia. Capire i propri sbagli. Rendersi conto che, dietro alle tante tragedie che costellano la sua storia, ci sono anche sue responsabilità. Scelte avventate. A volte contraddittorie.

Ora Bin Laden è morto. Io mi auguro che, finalmente, ora rinasca un'altra America. [Ave]

Commenti

  1. la peggior tirrania mascherata in democrazia. hanno fatto morire migliaia di persone.

    RispondiElimina
  2. Non ho mai nutrito grande simpatia per la politica (estera) degli Stati Uniti D'America.
    Così come non ho mai visto di buon occhio il servilismo con cui molte volte il nostro Governo si è pronato alle istanze Americane.
    La lotta al terrorismo tuttavia, presa in se, poteva anche rientrare in una di quelle pochissime eccezioni per le quali, in virtù di una evidente ragion di Stato (di Mondo sarebbe più corretto),si sarebbero potuti (con le dovute precauzioni) superare i limiti imposti dalla nostra Carta Costituzionale, sulla base di quello che deve essere il rispetto per l'intangibilità di uno Stato sovrano.
    Ma si è andati subito oltre.
    Si è presa la palla al balzo per andare ad invadere uno Stato in cui sarebbero dovute esserci armi di distruzioni di massa, e che invece al suo interno (tu guarda un po) ha solo un sacco di petrolio.
    E' vero, li regnava un dittatore, ma quanti ve ne sono al Mondo?
    E a costo di essere nuovamente tacciato di buonismo, vi dico che ho provato un grande sentimento di pietà nel vedere le immagini del boia che spiegava a Saddam Hussein la maniera in cui sarebbe stato ucciso.
    Nessun sentimento di gioia.
    Perchè alla violenza non è detto che debba trovare per forza applicazione il principio “occhio per occhio dente per dente”.
    E perchè, in ogni caso, anche la morte della persona più malvagia (come nella fattispecie) provoca sicuramente dolore per qualcuno, e mi riferisco non ai suoi adepti ma ai suoi familiari innanzitutto.
    E di questo dolore bisognerebbe avere una forma ISTINTIVA di rispetto, nemmeno meditata.
    Stesso discorso vale per Osama Bin Laden.
    In me non c'è stato alcun sentimento di gioia nel sapere della sua morte, nonostante lo ritenga forse il peggior criminale della storia.
    Per i motivi di cui sopra.
    Perchè gioire per la morte di qualcuno significa avallare la possibilità di comminare la pena capitale, cosa che il sottoscritto non potrà mai condividere.
    E perchè sarebbe stato, in ogni caso, opportuno poter ascoltare l'uomo Bin Laden, rendersi conto dei motivi per cui milioni di persone lo seguivano in un progetto violento, delirante ed abominevole.
    Il problema è che, probabilmente, si sarebbe trattato del classico vaso di Pandora.
    E ciò che ne sarebbe uscito, agli States, forse non sarebbe piaciuto molto.
    Roberto Cicconi.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Anagni. Aspettando i nuovi barbari

Ritornare (ad Anagni) è un po' come morire

Anagni. Il NON-partito fa NON-propaganda (NON-politica)

Emanuele Mattozzi, reo confesso grillino, ha avuto la bontà di rispondere con una decina di commenti ad un articolo dell'altro giorno . E, sopratutto, ad alcuni commenti seguenti l'articolo stesso. Non ho trovato nessun altro modo per ringraziarlo del primo, vero (ed attualmente unico) discorso grillino diverso dall'insulto, che rispondergli in modo adeguato qui. Per l'occasione, ho tirato fuori dalla naftalina il faccione, come vedete. Spero ne sia valsa la pena.