Forse non ve ne fregherà niente. Anzi sicuramente è così, abbarbicati come siete alle deprimenti vicende di questo paesino, ma la data è oggi, in effetti. Oggi il popolo scozzese deciderà della propria indipendenza dall'Inghilterra.
Sarà perchè quando giri per Edimburgo ti senti un pochino a casa, con la sua bellezza composta ed ordinata, ma originalissima. O forse sarà perchè vedi ragazzini ed adulti che girano in kilt, col coraggio fiero di chi non vuole cedere sulla propria storia. O magari perchè, nelle zone turistiche, vieni inseguito ovunque dalle melodie struggenti delle cornamuse, fino alla loro evoluzione moderna, attraverso il rock di quella che si autodefinisce la «kilt generation». O forse dipenderà dal fatto che nessuno scozzese ha dimenticato William Wallace, e se lo chiami «english» si offende e ti corregge: «I'm scottish». Chissà. Sarà un po' per tutte queste cose insieme. Ed anche un po' per le foche placide che bighellonano sugli isolotti delle highlands. E per le mucche orrende, piene di peli e cornutissime, i cui ritratti sono immortalati persino nelle cartoline turistiche.
Questa Scozia non ha alcun bisogno dell'Inghilterra. Questi sguardi fieri, questo rispetto per la propria storia, questo wiskey che avvicina e rende solidali, questa lingua un po' più aspra, un po' più lamentosa, strascicata, capace di andare oltre i recinti formalistici che soffocano la fantasia, non hanno alcun bisogno dell'Inghilterra. David Cameron, soldatino di sua maestà, ha provato la carta della disperazione: «L'indipendenza sarà un salto nel buio dal quale non sarà possibile tornare indietro». E' vero. Ma la conquista dell'indipendenza lo è stata sempre per tutti, un salto nel buio.
E, prima o poi, arriva per tutti il momento. Quello in cui bisogna decidere se provare a farlo davvero, questo salto nel buio, senza legacci. O continuare a girare sempre nella stessa gabbia, al tiro della solita catena.
Go Scotland. Go Highlands. Bye bye England.
[Ave]
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