Questa riflessione nasce dal confronto con:
Dario di Vico, «Riformisti e Cinquestelle alla prova degli esclusi».
Pubblicato nell'edizione odierna del CorSera, pag.30
[Ave]
Dario di Vico, «Riformisti e Cinquestelle alla prova degli esclusi».
Pubblicato nell'edizione odierna del CorSera, pag.30
Esiste
un ottimo punto di partenza per spiegare, in parole semplici, perchè
il capitalismo consumistico sbandierato dal liberisti è un gigantesco
bluff. Meglio: una trappola, un imbroglio al quale occorre avere
il coraggio di opporsi con una visione diversa del mondo, e dei rapporti
che lo debbono regolare.
L'occasione
ce la fornisce un intervento di Dario di Vico oggi sul Corsera,
nel quale è riportato l'autorevole pensiero di Pietro Ichino,
noto economista. Ichino scrive che «urge occuparsi dei perdenti
della globalizzazione», chiarendo che «è indispensabile occuparsi
di come sostenere e indennizzare i losers (=perdenti)».
In
parole semplici, tale concetto parte dal presupposto che coloro che
sono, mi si passi il termine, "poveri" nel senso ampio del termine,
che può comprendere non solo la sfera direttamente economica ma
anche quella sociale e culturale, sono in definitiva dei perdenti. I
"losers". Insomma il concetto è questo: se sei povero è
colpa tua. Perchè
non sei stato capace di sgomitare. Di scalare la società fino ad
occupare una posizione di prestigio. E' colpa tua lo stipendio da
fame
che ti porti faticosamente a casa tutti i mesi (quando va bene). E'
colpa tua se non ti puoi permettere un weekend a Parigi con tutta la
famiglia. E' colpa tua anche se ti accontenti di andare al cinema una
volta l'anno, a vedere il cinepanettone. La torta capitalistica è lì,
bella succulenta ed appetitosa: se non sei stato capace di arraffarne
che dei minuscoli frammenti, la responsabilità è tua. Per questo
sei un perdente. Ti sei fatto fregare e meriti tutta quanta la
tua
"povertà". La tua "miserabilità".
Ecco.
E' questa la visione del mondo che proviene dal liberismo capitalistico
e consumistico. In questo quadro non esiste la possibilità
di "includere", perchè tutto si gioca sul piano della competizione.
E' una corsa nella quale il 10% della popolazione mondiale
vince, e consuma risorse pari al 45% delle disponibilità
terrestri.
Il restante 90% si deve azzuffare per spartirsi il rimanente
55% delle risorse. Fatalmente, ci deve stare qualcuno che, gioco
forza, non riuscirà a prendere nulla. E' sufficiente pensare a
quanta popolazione, nel mondo, muore letteralmente di fame e di sete
per avere un quadro sufficientemente chiaro della realtà costruita
da questo tipo di liberismo.
Nella
visione del signor Ichino anche quei bambini africani dalle forme
scheletriche sono, evidentemente, “losers”. Perdenti. Sebbene
ancor bambini, la loro unica speranza è e rimarrà quella di
sopravvivere. Niente abbonamento a Sky. Niente iPhone. Niente 4x4 per
andare a prendere la ragazza. E, addirittura, niente biscottini del
MulinoBianco.
E'
questa visione disumana del mondo e dei suoi rapporti che occorre
combattere e sconfiggere. E' questa umiliazione nel sentirsi definire
“perdenti” senza riuscire a ricordare neppure quando è
cominciata la partita. Quand'è, esattamente, che abbiamo perso?
Il
concetto di “losers” presuppone una gara. E persino nello sport
drogato e demitizzato di oggi si pretende almeno che, nella gara, si
parta tutti da uno stesso punto. Iniziamo tutti da zero. Poi si
vedrà. In ambito sociale ed economico questo dovrebbe significare
avere le stesse, famigerate, opportunità. Ma la truffa liberista
capitalista consumista sta proprio qui. Di quali pari opportunità
vogliamo parlare? Già solo in ambito scolastico, vogliamo
considerare quelle che obbligano lo studente ad assentarsi dalle
lezioni perchè deve assistere il fratellino malato, non potendosi
permettere la mamma di chiedere un giorno per la malattia del
piccolo? Oppure di quelle che costringono le famiglie a mandare i
piccoli negli asili privati perchè lo stato non è in grado di
garantire il servizio? O magari vogliamo parlare delle pari
opportunità dei pendolari dell'istruzione, che si alzano la mattina
alle 6 per stare in classe, in ritardo, alle 8.30, e che poi magari
escono alle 13 e sono costretti a bighellonare un paio d'ore prima di
poter prendere il bus che li riporterà a casa, così che il pranzo
in solitaria, freddo e scotto, finirà intorno alle ore 16?
Tutti
costoro magari non lo sanno, ma sono già dei “losers”. Sono già
perdenti. Hanno già perso il confronto con il signorino che,
svegliato dalla mamma all'ultimo momento, è accompagnato e poi
riportato a casa in macchina. E poi, tra qualche anno, potrà fare da
solo col motorino. Tappa intermedia prima della macchinetta.
Signorino che alle 16, quando il perdente finalmente si alza da
tavola, è pronto per essere accompagnato in piscina. Perchè lo
sport è importantissimo per la crescita. Come si vede, si tratta
solo di esempi microscopici, in un ambito ristretto come quello
scolastico. Si provi a moltiplicare queste disuguaglianze per tutti
gli ambiti nei quali la nostra vita si realizza. Il liberismo
capitalistico e consumistico non concepisce giustizia. Non chiede a
chi è arrivato primo qual è stato il suo punto di partenza. Al
taglio del traguardo, scatta un applauso automatico. Preregistrato.
E' in
virtù di questo imbroglio che noialtri ci ritroviamo “losers”,
perdenti, senza neppure aver avuta chiara la percezione che dovevamo
correre e sgomitare, sgambettare, sopravanzare, spintonare. Magari
pure imbrogliare. Perchè sappiamo bene che questo tipo di liberismo
destina ai “coraggiosi” capaci di fare qualche strappo alle
regole tutta quella simpatia paternalistica che invece non è
disposto a riconoscere ai poveri ed alla miserabilità. Per questo li
accusa di essere “losers”. Perdenti.
Nei
confronti di coloro che sono colpevoli di non avercela fatta il
signor Ichino adesso ipotizza la necessità di doversene occupare.
Ossia, riprendendo il tradizionale atteggiamento protestante e
borghese, si tratta di trovare una qualche forma di elemosina. Per
raggiungere i classici due obiettivi. Ripulirsi la coscienza e poter
continuare a credersi eletti dal Signore e, in modo un pochino più
concreto, evitare che i “losers” prendano consapevolezza
dell'imbroglio e si mettano in testa di modificare la gara, in modo
tale da poterla fare in condizioni di reali pari opportunità.
Se c'è
uno spazio che la sinistra deve ricominciare ad occupare, ebbene esso
si trova proprio in questa direzione. Essere di sinistra significa in
primo luogo riconoscere che questo non è il mondo migliore nel
quale vivere, perchè in esso ci sono terribili disuguaglianze che
provocano disagi, sofferenze, morte. Significa vedere il mondo non
come un campo di battaglia nel quale il privilegiato è un vincitore
da mostrare come modello, mentre il morto di fame è un perdente da
ignorare ed abbandonare al suo destino.
Essere
di sinistra significa rinunciare all'elemosina capitalistica e
rivendicare invece una seria giustizia sociale ed una equilibrata
ridistribuzione delle risorse disponibili. Significa pensare l'uomo
come un fine e non come un mezzo. Significa essere consapevoli che
l'uomo felice, al quale si riconosce la sua inalienabile dignità, è
un uomo che saprà dare il meglio di sé per il bene della
collettività, oltre che del suo personale.
E' da
qui che gl'ideali di sinistra debbono ripartire. Perchè un modo
diverso di vedere il mondo è possibile. Basta ritrovare il coraggio
di dirlo forte.
[Ave]
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