Voi potete anche non crederci. Ma qualche giorno fa sono stato testimone oculare di questa scena. In un negozio di alimentari di questa città, una signora fa la spesa con un bambino. Il piccolo fa come fanno tutti i piccoli. Vorrebbe comprare ed arraffare tutto. Sopratutto le cose che di cui si può fare a meno. Le caramelle perchè son dolci. I dolci perchè son buoni. La signora a dirgli, paziente, che «...adesso non si può. Fra un po', magari». E, paziente, a riposare sugli scaffali la merce non autorizzata.
Lì per lì non ci ho fatto molto caso alla risposta, invero un po' ambigua, data dalla signora al bambino. Ma poi mi è rivenuta in mente dopo. Quando ho visto la signora depositare alla cassa il magro bottino del carrello.
Ha tirato fuori qualche banconota di piccolo taglio chiedendo, alla cassiera, di comunicarle in tempo reale il totale mano a mano che si formava. Appena è stata raggiunta (e superata) una piccola soglia, la signora ha cominciato la selezione. Tolga questo. Metta quest'altro. A quanto siamo arrivati?
E così, seguendo un criterio di essenzialità, è arrivata ad ammettere il latte. «Questo si, è importante. Per il bambino». Ma ha scartato i biscotti, lasciandosi aperta una porticina di speranza: «...fra un po', forse».
Ecco. Io non mi sento di aggiungere proprio nulla a questa scena.
Solo mi viene da pensare al regime. Concentrato da anni a filosofeggiare sulle intercettazioni e sui vari lodi, leggi e leggine indispensabili a togliere dai guai coloro che sono inciampati nella legalità. Mi viene da pensare alle felicità televisive. Coi suoi giovani pompati che piangono per qualche amicizia tradita in qualche isola lontana. Mi viene da pensare a tutti i milioni passati sottobanco, di mano in mano, per vendere e comprare servizi politici illeciti. Mi viene da pensare a tutti gli sprechi di un regime che vive su un altro pianeta, lontano dalla spesa di quella signora. Lontano da quel bambino. Capace solo di chiudere. Fabbriche. Scuole. Ospedali. Senza mai saper aprire una porta verso il futuro.
E mi viene da pensare, con profonda malinconia, anche a noi stessi. Che forse, a volte, distratti dagli aperitivi, non abbiamo più il coraggio di parlare davvero di quella che è diventata la nostra vita. Anche di quella materiale, essenziale. Quella che riguarda la dignità della sopravvivenza.
E forse, allora, per cominciare a cambiarle davvero, le cose, dovremmo ripartire proprio da questo. Dal coraggio di parlare delle nostre difficoltà. Delle nostre debolezze. Magari per scoprire che potremmo condividerle con tanti. Per scoprire che non siamo soli di fronte all'incubo. E che la difficoltà di arrivare (ma per davvero) alla fine del mese non è una vergogna. Neppure una colpa.
Ed imparare a trasformare le debolezze di tanti nella forza che, quelle debolezze, possa vincerle per sempre.
[Ave]
Lì per lì non ci ho fatto molto caso alla risposta, invero un po' ambigua, data dalla signora al bambino. Ma poi mi è rivenuta in mente dopo. Quando ho visto la signora depositare alla cassa il magro bottino del carrello.
Ha tirato fuori qualche banconota di piccolo taglio chiedendo, alla cassiera, di comunicarle in tempo reale il totale mano a mano che si formava. Appena è stata raggiunta (e superata) una piccola soglia, la signora ha cominciato la selezione. Tolga questo. Metta quest'altro. A quanto siamo arrivati?
E così, seguendo un criterio di essenzialità, è arrivata ad ammettere il latte. «Questo si, è importante. Per il bambino». Ma ha scartato i biscotti, lasciandosi aperta una porticina di speranza: «...fra un po', forse».
Ecco. Io non mi sento di aggiungere proprio nulla a questa scena.
Solo mi viene da pensare al regime. Concentrato da anni a filosofeggiare sulle intercettazioni e sui vari lodi, leggi e leggine indispensabili a togliere dai guai coloro che sono inciampati nella legalità. Mi viene da pensare alle felicità televisive. Coi suoi giovani pompati che piangono per qualche amicizia tradita in qualche isola lontana. Mi viene da pensare a tutti i milioni passati sottobanco, di mano in mano, per vendere e comprare servizi politici illeciti. Mi viene da pensare a tutti gli sprechi di un regime che vive su un altro pianeta, lontano dalla spesa di quella signora. Lontano da quel bambino. Capace solo di chiudere. Fabbriche. Scuole. Ospedali. Senza mai saper aprire una porta verso il futuro.
E mi viene da pensare, con profonda malinconia, anche a noi stessi. Che forse, a volte, distratti dagli aperitivi, non abbiamo più il coraggio di parlare davvero di quella che è diventata la nostra vita. Anche di quella materiale, essenziale. Quella che riguarda la dignità della sopravvivenza.
E forse, allora, per cominciare a cambiarle davvero, le cose, dovremmo ripartire proprio da questo. Dal coraggio di parlare delle nostre difficoltà. Delle nostre debolezze. Magari per scoprire che potremmo condividerle con tanti. Per scoprire che non siamo soli di fronte all'incubo. E che la difficoltà di arrivare (ma per davvero) alla fine del mese non è una vergogna. Neppure una colpa.
Ed imparare a trasformare le debolezze di tanti nella forza che, quelle debolezze, possa vincerle per sempre.
[Ave]
[Ho rinvenuto la foto in questo blog, che si occupa del nuovo mondo sudamericano. Non avrei potuto trovare simbolo migliiore. Tanto nell'immagine, quanto nell'argomento.]
Questo è uno di quegli articoli che non si può commentare. Dice semplicemente tutto.
RispondiEliminaChissà perché ci siamo dimenticati della quarta settimana?
RispondiEliminaAd un tratto non se ne è parlato più. Certo, si doveva dire che la crisi non c'era e che noi italiani siamo stati i più bravi nel fronteggiarla.
Ma vi assicuro che ci sono persone che per non perdere la casa di cui pagano il mutuo, una volta rimasti senza lavoro, sono tornati a vivere con la famiglia, dai genitori. E l'hanno affittata per pagare il mutuo.
E non dimentichiamo che ci sono anche persone, che non riuscendo a fontreggiare la situazione di difficoltà, si sono suicidati.
Oppure pensiamo alle morti bianche. Chissà perché gli incidenti sul lavoro succedono tutti il primo giorno di lavoro. Sarà perché per campare hanno accettato di lavorare al nero e sono state regolarizzate il giorno dell'incidente? Dobbiamo aprire gli occhi! Nel paesino di Sgurgola, nel giro di pochi mesi, è successo l'uno e l'altro.
Pensiamo anche a quanti genitori sono costretti a non mandare i propri figli alle gite scolastiche. E non parlo di ragazzi delle superiori, ma di bambini delle elementari e delle medie, per i quali la gita scolastica rappresenta un momento importante della crescita e della socializzazione. Figuriamoci poi se le scuole, nelle quali i genitori devono portare carta igienica e sapone per i figli, possono sopperire alle loro carenze economiche.
Il nostro è un paese dove la crisi c'è e tutti i poveri che fanno da contrappeso ai vecchi e nuovi ricchi, lo sanno e la vivono sulla propria pelle tutti i giorni.
Sono rimasto senza parole ! Oltre al coraggio di parlare ci vuole anche il coraggio e la disponibilità del sentire e analizzare le cause.
RispondiEliminaMa chi lo deve fare ?
CHISSI DE SINISTRA VOLEVENO OCCUPà IU COMMUNE NVECE PE POCO NNIARESTEVENO
RispondiEliminaDignità prof....ci hanno rubato pure quella, vorrei scrivere righe e righe ma non saprei controllare i miei istinti, toccherei tasti che forse è meglio non toccare perchè confonderei volutamente sacro e profano e con questo mi fermo.
RispondiEliminaSai che ho un figlio ed alla sola idea di non poterlo sfamare mi piange il cuore ed immaginando la scena da te descritta mi si rattrista l'anima, quell'anima cristiana educata ad avere fede e fiducia ma che adesso difronte a molta ingiustizia e violenza e nell'osservare questa guerra quotidiana tra poveri, quest'anima soffre e non vede più la luce della salvezza.
Onore a chi in ogni modo lecito e non si trova costretto a dover sfamare un figlio.
VitK
Lauretti Nico
Caro prof.devi posticipare il tuo orologio al mese di luglio 2011,data ultima per la chiusura dell'ospedale cittadino.Dalle ultime notizie,pare che ci voglia ancora un pò di tempo per spedire i malati dal vecchio al nuovo ospedale;tempo per spostare il personale presso gli ospedali di Cassino ,Sora,Alatri e poco tempo per intascare i soldi che ne verranno fuori per essere riusciti a risparmiare chiudendo l'offerta di sanità pubblica e garantendo quella privata che ne verrà fuori.Ovviamente alcuni sindacalisti andranno in pensione e altri avranno il privilegio finalmente di lavorare in una struttura ,degna?
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