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«UNA POLITICA SENZA FIDUCIA»

C'era un tempo in cui le rondini facevano primavera. Tu le vedevi e capivi che la nuova stagione era arrivata. Potevi aprire la mente a nuovi colori. La domanda che tutti, ad Anagni, si stanno ponendo è la stessa. La rondinella che ci è arrivata da tanto lontano con le recentissime elezioni rappresenta davvero la nuova stagione? Poichè è davvero troppo presto per rispondere a tale quesito, non si può evitare di aggrapparsi ai segnali. A quegli indizi che già circolano pel paese, eccome. Se poi diventeranno prove, vedremo. L'unico dato che, invece, ci pare tristemente acquisito dal risultato elettorale è l'assoluta sconfitta della politica. Almeno quella che intendiamo noi: la fiducia di una comunità verso una classe dirigente che si propone responsabilmente alla guida della città.


Una comunità capace di esprimere oltre 450 candidati, 29 liste ed 8 candidati sindaco, la stragrande maggioranza dei quali, sindaci compresi, del tutto aliena da qualsiasi partecipazione attiva alla vita politica e civica della città solo una cosa significa, veramente. Che tale comunità non esiste. Questo esercito di aspiranti, venuto dal nulla, s'è già per la massima parte sciolto come neve al sole. E viene da chiedersi che fine avranno mai fatto tutti quei fratelli, sorelle, amicissimi, cugini, zii, nonni, padrini e madrine che hanno drenato i voti del parentado, sulla base di un entusiasmo politico del quale non è rimasta più alcuna traccia. Il vecchio slogan dell'uno che vale uno, coniato dai movimentini, è pratica politica confermatissima in questa città.

Quella politica che doveva cambiare. Che doveva innovare. In realtà ad Anagni ha da tempo sostituito la quantità alla qualità. Non importa CHI. Conta QUANTI. La sinistra perdente d'un soffio cinque anni fa associò spesso la sconfitta al motivo di essersi presentata con un numero di liste inferiore a quello delle destre. Infatti. Stavolta, invece, le dieci liste hanno avuro ragione delle otto liste. Anagni ha cambiato il colore, ma non la sostanza. Il significato rimane lo stesso. Una politica locale ampiamente caduta in disgrazia non è stata capace di far maturare alcuna competenza specifica. Nessuna fiducia responsabile verso una classe dirigente nuova. Si vince solo se presenti più candidati dell'avversario. Accadeva prima. E' accaduto adesso. E' probabile che accadrà poi.

La condanna del sistema politico locale è stata talmente devastante e senza appello che si sono riempiti di voti coloro che si sono tenuti, in modo del tutto legittimo, rigorosamente alla larga da qualsiasi attività civica. Dalla bottega, o dallo studio privato, direttamente alla presidenza del consiglio. O alla delega assessorile. O, almeno, alla presenza consiliare. Senza bisogno di aver mai manifestato alcuna disponibilità a sacrificare parte del proprio tempo ai bisogni della città. Insomma. Una pioggia di alieni dell'impegno civico che, per adesso, si portano appresso solo l'essere delle gran brave persone.

E' anomala una comunità che allinea un esercito di oltre 450 aspiranti consilieri comunali ma porta in piazza appena un centinaio di persone per difendere il proprio ospedale, sudando le famigerate sette camicie. Così come è anomalo un PD che, per vincere, è costretto a liberarsi del candidato locale a favore di un outsider di prestigio venuto da lontano. Ha vinto, tranne poche ma significative eccezioni, l'essere considerati estranei a tutto. Essersi sacrificati non è valsa medaglia, ma fedina penale. La sfiducia verso il sistema ha creato questo risultato nel quale sono stati premiati sopratutto gli sconosciuti, pescati da liste che sono state costruite sulla base del numero, non certo della selezione qualitativa. E' questa la sconfitta della politica.

La rondinella la vediamo. C'è. E' piaciuta a tantissimi. Ma che riuscirà a portare davvero la primavera nella coscienza politica e civica di questa città, bè, è scommessa sulla quale non ci sentiremmo di puntare.

[Ave]

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