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Dignità violate

La vita, a volte, ti tira un po' pei capelli. Cerchi di fare finta di niente. Ti ripeti che non devi lasciarti andare. Che devi stringere i denti, ma non solo, e continuare a cercare serenità. Ma sai già che non ce la farai. E che, prima o poi, rischierai di scoppiare. Un bel giorno, semplicemente, ti gonfierai come una zampogna e poi bum. Può succedere. Anche se non dovrebbe. Ma può succedere anche che un presidente del consiglio, su un palco elettorale, davanti alla sua masnada, dica tra una ballerina ed un volantino che, in tre anni, sconfiggerà il cancro.

Io non so quanti di voi. Ma io quella bestia l'ho conosciuta molto da vicino. La sua apparizione ha diviso la mia vita letteralmente in due. C'è stata la prima parte della mia vita, quella migliore. E poi, dopo, è iniziata la seconda. Quella peggiore. Prima c'era una vita, banale e semplice come tante. Dopo, è iniziata una lenta sopravvivenza. Ciò che il cancro ha significato, nella mia esistenza e nella mia famiglia, è qualcosa talmente devastante che, forse per la prima volta nella mia vita, non so trovare neanche una parola per esprimerla.

Il guaio è che ricordo tutto. Neanche una singola puntura. Neppure una sensazione. Una speranza. Una disperazione ho dimenticato. Mi porto tutto qua dentro. Non se ne va niente. E' un bagaglio la cui ombra mi segue ovunque io vada. Macchia indelebile. Incancellabile.

Per tutto questo dolore io pretendo rispetto. Per il dolore dei miei figli, io pretendo rispetto. Non chiedo nulla, Silvio. Non sono mai venuto a chiedere niente. E seppure fosse stato, forse sarei andato da qualcuno più in alto di te.

Per questo motivo non te lo perdono, Silvio. La dignità di tutti coloro che se ne sono andati per colpa del cancro. E quella di tutti coloro che sono rimasti, da soli, a piangere in silenzio una sedia vuota. Per tutti costoro io non ti perdonerò mai l'inganno tragico delle tue parole.

Mai più.

[Ave]

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